WOMAN BEFORE A GLASS – PEGGY GUGGENHEIM

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WOMAN BEFORE A GLASS – PEGGY GUGGENHEIM

WOMAN BEFORE A GLASS- INTORNO A PEGGY GUGGENHEIM 

 

Produzione Laboratori Permanenti

Testo Lanie Robertson

Traduzione italiana Gloria Bianchi

Interpreti Caterina Casini

Costumi Stemal Entertainment srl

Scenografia Stefano Macaione

Regia Giles Smith

 

Si tratta di una performance per una sola attrice, divisa in quattro quadri dove si raccontano alcuni momenti degli ultimi anni di Peggy Guggenheim, quando comprò Palazzo Venier dei Leoni a Venezia dove raccolse la sua straordinaria collezione d‘Arte moderna. Il linguaggio è disinvolto e trasgressivo, com’era la stessa Peggy.

Nel testo di Robertson sono ripercorsi i momenti drammatici della guerra, dalla fuga della protagonista dalla Francia per scampare alle persecuzioni naziste al nascondere tele e sculture tra i piatti e le vettovaglie di cucina. 

La figura di Peggy Guggenheim emerge in tutta la sua rilevanza, quale protagonista e interprete di un’epoca fondamentale dell’arte del secondo dopo guerra, che lei ha contribuito a costruire.

Lo spettacolo offre la possibilità al pubblico di guardare il mondo e l’arte contemporanea attraverso gli occhi di Peggy Guggenheim: ciò che lei ha cercato, indagato, scoperto, sostenuto e promosso.

Per quanto riguarda le scenografie, l’intervento artistico ed estetico di Stefano Macaione offre la possibilità di riscoprire i materiali artistici del ‘900 e reinterpretarli, in una visione che fa propri i nuovi stimoli della cultura artistica contemporanea.

Emerge così un connubio composito e sinergico tra arte e teatro, che conduce alla sintesi necessaria allo spettacolo: metodologie pittoriche e azioni teatrali giocano insieme e si stimolano vicendevolmente, generando dinamiche e immagini nuove, tensioni ed emozioni, mostrando nello specchio ciò che ci resta, che si trasforma e che è vivo. Perché il teatro è vivo ma anche l’arte e, come diceva Jacson Pollock “il dipinto ha una vita propria, io provo a farla trapelare”.

 

L’allestimento

C’è una componente essenziale che Peggy trasmette al pubblico: la tensione che vive e si specchia nelle certezze e nei ricordi; gli amanti, i colori, i pittori, i vestiti, il fumo, gli amici, le macchie, l’acqua, il dramma. Ogni elemento viene rievocato dalla sua memoria rivivendo nei due blocchi scenografici.

Cinque strisce verticali di carta dove le proiezioni trasformano continuamente la scena e aiutano a plasmare l’ambientazione in modo dinamico, “scrutatore” e accogliente. Qui ci si immerge nella sua memoria e si incontrano i capolavori d’arte moderna che Peggy collezionò con passione e dedizione.

Il trono di Peggy bianco diventa oggetto di scena che si trasforma ed è anch’esso ‘videomappato’. È la parte più intima, appartiene a Peggy, rappresenta il contatto con il reale, la sua percezione delle cose.

La tecnica del video-mapping permette di isolare parti di una superficie creando quindi una “mappatura” bagnata dalla video-proiezione. Le narrazioni video sull’oggetto in trasformazione assumono un rapporto complice che scandisce lo svolgimento del monologo, focalizzandosi su alcuni momenti chiave della storia narrata.

I due blocchi, perfettamente separati e distinguibili, sono in realtà un unico medium per cercare di ricostruire un piccolo mondo surreale e allo stesso tempo espressivo che spinga lo spettatore ad avvicinarsi all’essenza di Peggy Guggenheim, una grande donna, una mamma insicura, ma soprattutto una collezionista intuitiva che ci ha permesso di conoscere un pezzo di storia dell’Arte Moderna.

Stefano Macaione

 

Note di regia

Peggy Guggenheim, una donna particolare, con la capacità di intuire il mondo che la circondava, con il coraggio di affrontare situazioni di pericolo, una donna che credeva in quello che faceva e negli artisti su cui puntava, anche se il resto del mondo ancora non sapeva riconoscere quelli che poi furono Mirò, Bacon, Ernst, Pollock e tanti altri.

Mentre la seconda guerra mondiale era alle porte, Peggy seppe pensare che l’arte era importante e che            “rappresentava la risposta alla follia di un mondo precipitato nel caos”. C’è una battuta del testo dove Peggy risponde alla domanda su che cosa è l’arte: “l’arte è sempre una domanda, non è mai una risposta.”

Ci viene offerta l’opportunità di vedere momenti della vita privata di Peggy Guggenheim, collezionista di Arte Moderna del ventesimo secolo che ha dato una forte impronta alla percezione dell’Arte in Italia e nel mondo, attraverso la sua passione e il suo lavoro.

Si tratta di uno spettacolo basato sul rapporto tra testo e multimedialità, un racconto quasi intimo di Peggy, dove tutto il mondo che la circonda passa attraverso le immagini che scorrono velocemente attraverso la tecnica del video-mapping sulla scena.

Siamo in un momento molto difficile del mondo e forse ribadire questi concetti attraverso il racconto di questa magnifica figura può essere molto importante.

Giles Smith

Dettagli Progetto