Produzione Laboratori Permanenti
Interpreti Chiara Condrò, Stefano Skalkotos
Scenotecnica Piero Ercolani
Elaborazione video Stefano Macaione
Testo e Regia Caterina Casini
Lo spettacolo parla di conflitti intimi ed epocali e della ripercussione del clima internazionale sul quotidiano delle persone.
Il testo è stato approvato da Medici Senza Frontiere.
Marta e Vittorio sono una coppia di quarantenni che si amano, convivono e non hanno figli. Il loro equilibrio sentimentale entrerà in crisi quando Marta, non senza difficoltà, in maniera improvvisa e traumatica, annuncia a Vittorio che partirà con un’organizzazione umanitaria verso un fronte di guerra, dove i medici in prima linea operano incessantemente. Nascono divergenze sulla visione del mondo, sulla realtà e sull’etica, nella difficile ricerca di una riconciliazione.
M- Come si fa a fare la pace? Perché ci si difende? Perché si attacca? Quell’irrinunciabile punto in cui ci si separa, cos’è? Quel punto al quale io non posso dire no e resto sola e mi divido e ci si separa e si fa la guerra… e cos’è che voglio riparare con le mani, a cosa voglio metter fine… alla prevaricazione? Ci si prevarica perché? Forse è questa la crescita dell’umanità? È questa la dannazione della mancanza d’infinito? L’irrinunciabile punto; perché non si può cedere? Non è importante, non è importante.
V – Vuoi dare senza la lucidità del dare.
M – Sì, così, senza pensare.
V – E questo non è più possibile. Perciò si soffre. Resta con me, lucidamente.
M -Il senso del quotidiano?
V- Sì.
Note di regia
Per chi non va al fronte, per chi “vede” la guerra, essa diviene inquietudine, incertezza umana ed economica, orrore mediatico, visioni etiche e morali, ideologie, urgenza di concretezza. La capacità di orientamento è messa alla prova. Intanto si fa chiaro che la guerra è nel nostro quotidiano.
Questo testo mette in scena il dialogo tra due conviventi, Marta e Vittorio, senza figli, quarantenni, la storia di una coppia che entra in collisione
Marta e Vittorio si affrontano, si scorticano, cercano la verità del rapporto e la verità delle loro esistenze, cercano una prospettiva, in un gioco crudele e a un tempo amorevole, che però non sospende lo scontro.
Li ho immaginati piegati, in piedi, all’attacco, con le parole ho spinto i corpi. Li ho visti cercare il cielo, e poi in caduta libera verso un’involontaria ironia. Ne è sorto un linguaggio quotidiano, che a un tratto s’accende e si capovolge in metafora.
Caterina Casini